The Collector

Posts written by Kilobaid

view post Posted: 17/10/2014, 17:38     Rapresentanza e Competanza -

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Rappresentanza o competenza?

La democrazia, come la concepiamo noi oggi in Italia, funziona in base alla RAPPRESENTANZA dei cittadini.

Ciò sembra escludere a priori il fattore COMPETENZA, che è dunque secondario o ininfluente nelle nostre scelte.

Il tutto avviene tramite votazione popolare, come ben sappiamo, e produce governi a tutti i livelli che sono espressione degli interessi dei singoli gruppi da essi rappresentati.

Per questo semplice motivo, che sfugge a molti, in un paese che presenti una forte componente di cittadini corrotti, di evasori, di disonesti, di opportunisti, di incompetenti, di condannati e via dicendo, i relativi governi saranno altrettanto composti in misura più o meno proporzionale da politici che riassumino e presentino le stesse caratteristiche. I loro "protetti" insomma, a cui hanno garantito di non promuovere leggi che possano lederne gli interessi personali.

Questa critica al sistema è forse molto meno importante in quei (pochi) Paesi in cui è molto forte la coesione sociale (tipo Finlandia, per esempio). L'affermazione che in Italia ci sia una forte componente di persone corrotte e disoneste non è dettata da qualunquismo, ma dai dati statistici e dalle cronache che sono disponibili a tutti. Basti pensare che nel 2011 l'Italia, era al 69 posto su 182 Paesi presi in esame.
Nella UE fa meglio solo della Grecia (80esima), e di Romania e Bulgaria nella lotta alla corruzione.

Certo, resta il fatto che la maggior parte dei cittadini è comunque formata da persone oneste e da bravi lavoratori anche da noi, ma comunque in ognuno di essi è radicato il concetto di cercare nell'arco politico le figure che più s'avvicinino ai loro interessi di parte. Tutto ciò è naturale, a tutti fa comodo sperare che i rappresentanti politici abbiano a cuore la difesa del nostro posto di lavoro e dei nostri soldi.

Da questi presupposti non possono che emergere governi formati da persone che non sono state scelte per le loro doti di integrità morale, di affidabilità, di imparzialità. di conoscenza dei problemi e via dicendo. In altre parole non è la loro COMPETENZA l'elemento selettivo. Al limite, dunque, potrebbero anche essere totalmente ignoranti in materia che nessuno se ne preoccuperebbe, come di fatto è successo molto spesso in tutta la nostra storia di democrazia.

Infatti per essere eletti non occorre un curriculum da grande esperto, così come per fare l'assessore o il ministro in un certo ministero non occorre intendersi delle problematiche a carico di quel assessorato o ministero. Basti pensare a tutte le volte che un certo politico è passato con assoluta indifferenza da un ministero ad un altro senza porsi alcun problema.

Vi siete mai chiesti che competenze debba avere un ministro della Economia? Bene, la risposta che mi sento di dare è che deve semplicemente essere stato molto bravo in termini politici nel far valere le sue ragioni e il suo diritto ad occupare quel posto di prestigio semplicemente per avere appoggiato una determinata coalizione politica o avere gettato fango addosso ad altri concorrenti. Il Grande Fratello della politica.

Dunque basta essere bravi in politica fine a se stessa e niente più. Per questo motivo quando la situazione si fa critica si deve ricorrere a governi detti "tecnici", che in sostanza sono governi guidati da persone "competenti", cioè che dovrebbero sapere come risolvere i problemi. Ciò è la riprova che invece i politici non sanno risolvere i problemi, soprattutto non possono andare contro il loro elettorato, rischiando di perdere voti ed essere delegittimati.

Ma il sistema rappresentativo non può eleggere anche politici che siano competenti?
Certo che è possibile, ma non è quella la caratteristica selettiva. I cittadini comuni come fanno a valutare se una persona è degna di occupare un posto importante nel governo? Le facce che vedono sono solo di chi ama mettersi in mostra e i più bravi lo sono nel campo della dialettica. Anche le primarie hanno questo difetto. Si vota chi si vede e si vede chi vuole essere visto, prescindendo dai meriti e dall'esperienza.

Non vi sembra un po' assurdo tutto cio?

Rappresentanza affidata ad una casta

Come facciamo a lamentarci di governi incapaci e che ci hanno negli anni condotto verso la rovina...se sono la rappresentazione di noi stessi e dei nostri egoismi e nessuno li ha proposti e poi scelti per i loro meriti e nessuno propone di cambiare questo meccanismo?

Indubbiamente ognuno di noi pensa e spera che il primario di un ospedale sia il più bravo in materia, così come si spera che in una scuola i docenti siano i più preparati e idonei all'insegnamento ai nostri figli.

La stessa cosa potremmo pensare per le imprese finanziarie, commerciali e industriali. Anche lì i posti direttivi dovrebbero essere occupati da personale altamente specializzato e competente, no?

Il presidente di una azienda, pubblica o privata che sia, dovrebbe non solo guadagnare di più dei suoi impiegati, il chè entro certi limiti è più che giusto, ma proprio in ragione della posizione di grande responsabilità, dovrebbe anche essere il più meritevole di occupare quell'incarico.

Siete convinti che sia così in realtà?

Pensate che anche un piccolo imprenditore prima di assumere forze lavoro debba sostenere un esame che ne comprovi le capacità imprenditoriali per non mettere poi a rischio decine o centinaia di semplici lavoratori dipendenti che si sono fatti assumere sperando in un lavoro duraturo?

Tutto ciò non avviene, non è contemplato, non esistono esami, prove di merito, corsi di preparazione e corsi di aggiornamento. Non esiste responsabilità, non c'è quasi mai condanna in seguito alla dimostrazione dei danni provocati. Basta avere gli agganci giusti, garantire fedeltà o sottomissione a qualcuno più in alto e il gioco è fatto.

Detto questo io penso che si debba guardare al futuro puntando in una diversa direzione. Il governo di un intero Paese è l'incarico più difficile che un cittadino sia chiamato a svolgere.

Per fare le scelte più sagge non dovrebbe essere condizionato da nulla, quel cittadino, tanto meno da un gruppo di concittadini che lo hanno eletto proprio per non farle quelle scelte!


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view post Posted: 17/10/2014, 17:19     Riforma Globale -


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Si può immaginare qualcosa di meglio della Democrazia, come la intendiamo oggi?

La maggior parte dei cittadini italiani (ma non solo) credo si sia resa conto che c'è qualcosa di molto grave che intralcia a tutti i livelli la gestione politica del Paese. Non funzionano come ci si aspetterebbe i governi nazionali, così come non funzionano i governi locali (regioni, provincie, comuni). Non funziona la gestione della "cosa pubblica", così come non funzionano molti meccanismi dell'impresa privata e comportamenti dei singoli cittadini.

Non funziona bene il mondo del lavoro e non funziona per niente il nostro rapporto con l'ambiente. Sono problematici anche i nostri rapporti con gli altri Paesi. E via dicendo. Dove col termine "non funziona" intendo riferirmi ai principi universali a cui l'umanità ed ogni singolo cittadino dovrebbero ispirarsi, oltre che allo scopo fondamentale che ogni società dovrebbe prefiggersi, ovvero l'ottenimento del BENESSERE generale dei suoi componenti.

Incapacità, instabilità, mal costume regnano sovrani e di conseguenza i problemi non vengono risolti e siamo lungi dall'avere conseguito lo stato di benessere per tutti indistintamente.

Ogni dibattito si perde in futili dettagli di un singolo problema, il più delle volte che non riguarda gli interessi dei cittadini, ma che è solamente uno scontro tra poteri diversi.

Nessun dibattito, infatti, ha come soggetto la ricerca costruttiva di nuove forme di governo. Ovvero l'ipotesi di un cambiamento globale del sistema politico.

Ma, se un meccanismo non funziona, la cosa più saggia non sarebbe quella di pensare a come si potrebbe fare per migliorarlo? O dobbiamo continuare ad illuderci confidando che le cose cambino da sole?

Avete mai letto nella storia che un potere ad un certo punto abbia deciso da solo di farsi indietro perchè fortemente criticato? Basti pensare agli ultimi attuali dittatori ed alla loro tenacia nel conservare il posto di comando, anche se contestati da tutto il loro popolo, per rendersi conto che il potere in carica non lascerà mai il passo ad un diverso potere, se non con la forza (non intendo solo quella fisica) o il lento deterioramento.

Ecco allora che in questo studio io cerco di mettere a fuoco, in modo razionale e distaccato da qualsiasi influenza politica, religiosa, classista, ecc., le reali esigenze, i punti incontrovertibili, le basi su cui erigere una nuova soluzione che risolva (o almeno tenti di farlo) tutte le debolezze e inefficienze del sistema attuale.

Ciò che scrivo non si riferisce solo all'Italia, ma penso sia applicabile a qualsiasi Paese che sicuramente soffre più o meno degli stessi difetti e che abbia la volontà di orientarsi verso un cambiamento radicale del proprio governo, pensando al futuro, memori di tutti gli errori del passato.

Del resto oggi siamo così concatenati agli altri Paesi, grazie (o per colpa?) alla globalizzazione, che è impossibile pensare di sganciarsi intraprendendo una nuova strada che non sia seguita allo stesso tempo dalle altre nazioni.

Però, mano a mano che procedevo nel fare le mie considerazioni sui difetti del sistema politico nazionale, mi rendevo conto che esistevano problemi e confusioni a livelli più elevati e che si ripercuotevano, poi, sulle mie valutazioni e successive proposte.

Ciò mi ha costretto a mettere prima a fuoco le problematiche che appartengono ai singoli individui ed a tutto il genere umano. Esigenze che io definisco Principi Universali.

Se non si partisse da questo punto ogni considerazione successiva risulterebbe imprevidente e dunque debole.

Per questo, dopo avere focalizzato i problemi del sistema attuale, sono stato costretto ad ampliare gli orizzonti delle mie riflessioni, per poi giungere a quelle che per me dovrebbero essere le ricadute conseguenti sui problemi sottostanti.

Ci saranno sicuramente tanti concetti discutibili, idee da approfondire, proposte da valutare diversamente, ma quel che conta è mettere sul tavolo tutti i problemi allo scopo di trovare -insieme- le soluzioni migliori.



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view post Posted: 16/10/2014, 22:14     Se nel mondo fossimo 100 persone -


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Se nel mondo fossimo 100 persone


Per comprendere bene la logica dei popoli svantaggiati riflettiamo sui dati statistici di questo esempio semplice e illuminante!

Se noi potessimo ridurre la popolazione del mondo intero in un villaggio di 100 persone, mantenendo le proporzioni di tutti i popoli esistenti al mondo, il villaggio sarebbe composto in questo modo...

ci sarebbero:

57 Asiatici, 21 Europei, 14 Americani (Nord Centro e Sud America), 8 Africani,

52 sarebbero donne, 48 uomini,

70 sarebbero non bianchi, 30 sarebbero bianchi,

70 sarebbero non cristiani, 30 sarebbero cristiani,

89 sarebbero eterosessuali, 11 sarebbero omosessuali,

6 persone possiederebbero il 59% della ricchezza del mondo intero e tutti e 6 sarebbero statunitensi,

80 vivrebbero in case senza abitabilità

70 sarebbero analfabeti

50 soffrirebbero di malnutrizione,

1 starebbe per morire,

1 starebbe per nascere,

1 possiederebbe un computer,

1 (sì, solo 1!) avrebbe la laurea.

Se si considera il mondo da questa prospettiva, il bisogno di accettazione, comprensione ed educazione diventa evidente.


Prendete in considerazione anche questo:

Se vi siete svegliati questa mattina con più salute che malattia siete più fortunati del milione di persone che non vedranno la prossima settimana.

Se non avete mai provato il pericolo di una battaglia, la solitudine dell'imprigionamento, l'agonia della tortura, i morsi della fame, state meglio di 500 milioni di abitanti di questo mondo.

Se avete cibo nel frigorifero, vestiti addosso, un tetto sopra la testa e un posto per dormire siete più ricchi del 75% degli abitanti del mondo.

Se avete soldi in banca, nel vostro portafoglio e degli spiccioli da qualche parte in una ciotola siete fra l'8% delle persone più benestanti al mondo.

Se i vostri genitori sono ancora vivi e ancora sposati siete delle persone veramente rare, anche negli Stati Uniti e nel Canada.

Se potete leggere questo messaggio, avete appena ricevuto una doppia benedizione perché qualcuno ha pensato a voi e perché non siete fra i due miliardi di persone che non sanno leggere.



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view post Posted: 16/10/2014, 21:08     Frasi di Filosofia di vita -


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Frasi di Filosofia di vita

Aveva la mente così ristretta che poteva guardare dal buco della serratura con tutti e due gli occhi.

La rovina del mondo sarà l'indifferenza. Ma chi se ne fotte!

.....e se la vita non ti sorride.....falle il solletico !!!

La vita sarebbe infinitamente più felice se nascessimo a ottanta anni e ci avvicinassimo gradualmente ai diciotto.

Se un uomo ha una grande idea di se stesso, si può essere certi che è l'unica grande idea che ha avuto in vita sua.

La cosa più deliziosa non è non aver nulla da fare: è aver qualcosa da fare, e non farla.

Mi piacerebbe incontrare l'uomo che ha inventato il sesso, e vedere a cosa sta lavorando adesso.

è difficile fare delle vacanze intelligenti dopo undici mesi di lavoro cretino.

Il perdono costa molto, ma è più economico della vendetta.

Ama tutti, credi a pochi e non far del male a nessuno.

Se vuoi farlo, è proibito; se non ti piace, è obbligatorio.

Quando avrai ottanta anni, avrai probabilmente imparato tutto della vita. Il problema sarà ricordarlo.

Non prendere la vita troppo sul serio tanto, comunque vada, non ne uscirai vivo.

Tieniti i tuoi problemi di sesso finché puoi. Un giorno ti mancheranno.

Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo l'universo ho ancora dei dubbi.

Ciò che rende l'universo così difficile da comprendere è che non c'è nulla con cui confrontarlo.

Se fossimo soli nell'universo, non sarebbe uno spreco di spazio... sarebbe una rottura di palle!

Non ho mai sopportato l'intolleranza verso il diverso. Lo dimostra il fatto che ho un amico mancino e lo frequento lo stesso.

La donna è quell'essere che, se le dai una cosa, vuole qualcosa in cambio.

Ho imparato a suonare il pianoforte per avere soddisfazioni anche dalla mano sinistra.

C'è stato un periodo in cui i miei pantaloni erano così consumati che potevo sedermi su una moneta e dire se era testa o croce.

Le vie del Signore sono infinite. è la segnaletica che lascia a desiderare.

A tutte le donne: state in guardia, perché se un bacio può trasformare un rospo in un principe azzurro, una cerimonia nuziale trasforma sempre un principe azzurro in un rospo.

L'ottimista pensa che questo sia il migliore dei mondi possibili. Il pessimista sa che è vero.

Quando vedo un uomo piangere nel buio della sua stanza, mi domando cosa lo spinga a non accendere la luce.

L'uomo che sa leggere le donne come un libro aperto di solito adora leggere a letto.

Abitavo in un paese così piccolo che non avevamo neanche lo scemo del villaggio. Dovevamo fare a turno.

Se tutti gli imbecilli decidessero di dire tutto quello che pensano ... beh, ci sarebbe un SILENZIO TERRIBILE!

La teoria è quando si sa tutto e niente funziona. La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa il perché. In questo caso, abbiamo messo insieme la teoria e la pratica: non c'è niente che funziona... e nessuno sa il Perché!

La disumanità del computer sta nel fatto che, una volta programmato e messo in funzione, si comporta in maniera perfettamente onesta.

Codice della strada: Non capisco cosa spinga i moscerini a prendere sempre l'autostrada contromano.

Il sesso senza amore è un'esperienza vuota, ma fra le esperienze vuote è una delle migliori.

Aveva un cervello così piccolo che, quando due pensieri si incontravano, dovevano fare manovra.

La differenza tra teoria e pratica è, in pratica, molto più grande che in teoria.

Una vera signora è colei che non beve, non fuma, non gioca e non bestemmia, neanche quando gli scivola fuori.

L'uomo passa la prima metà della vita a rovinarsi la salute, la seconda a curarsela.

Oggi sono andato al bar con un negro: io ho bevuto un negroni, lui un bianco secco. L'integrazione razziale è possibile!

Il 33% degli incidenti stradali mortali sono causati dall'abuso d'alcool; dunque il 67% degli incidenti mortali coinvolgono persone che non hanno bevuto; dunque, è chiaro che la cosa più sicura da fare è guidare ubriachi!

L'esperienza è un gran vantaggio. Il problema è che, quando hai l'esperienza, sei maledettamente troppo vecchio per farci qualcosa .

Non preoccupatevi per il futuro: se la caverà' benissimo anche senza di voi .

Il duro lavoro non ha mai ucciso nessuno, ma perché rischiare?

Quando una donna dice - Non capisco cosa mi stia succedendo - vuol dire che è già successo con un altro.

Il lavoro è il rifugio di coloro che non hanno nulla di meglio da fare.

Il reggiseno è uno strumento democratico: separa la destra dalla sinistra, solleva le masse e attira i popoli.

L'amore è una malattia e, come tale, si cura andando a letto.

Dio creò la donna per seconda perché non voleva che durante la creazione dell'uomo ci fosse qualcuno che desse disposizioni.

Gli uomini hanno il dono della parola non per nascondere i pensieri ma per nascondere il fatto che non li hanno.

Come uomo ho ancora molto da imparare dalla vita. Ma come mammifero mi sento realizzato.

Tutti mentono... ma dategli una maschera e saranno sinceri.

La felicità non va ricercata nel cielo sempre sereno, ma nelle piccole cose con le quali costruiamo la vita.

La gelosia è come il sale: un pizzico rende i cibi più saporiti, troppo li rende immangiabili.

La mancanza di qualcosa che si desidera è una parte indispensabile della felicità.

Meglio un sassolino donato per amore che un diamante donato per dovere.

A volte le cose che non si fanno sono altrettanto importanti di quelle che si fanno.

Il genio è un uomo capace di dire cose profonde in modo semplice.

Molti, troppo spesso, per pensare al futuro non godono l'attimo presente.

Non smettere mai di cercare ciò che ami, o finirai per amare ciò che trovi.

Per avere qualcosa che non hai mai avuto devi essere disposto a fare qualcosa che non hai mai fatto.

I soldi non fanno la felicità. Figuriamoci la miseria.

Anche i sogni servono per diventare grandi.

Un vincente trova sempre una strada, un perdente trova sempre una scusa.

Non ci sono limiti per l'uomo che possiede la capacità di sognare.

Il calore dell'amicizia può consolare, ma l'amore è l'unico fuoco capace di sciogliere il ghiaccio dell'anima.

La malinconia è la gioia di essere tristi.

Le persone sagge non dicono tutto ciò che pensano, ma pensano tutto ciò che dicono.

Quando in un'azienda una persona è indispensabile, vuol dire che l'azienda è organizzata male.

E' più facile essere un eroe che un galantuomo: eroi si è una volta tanto, galantuomini si deve essere sempre.

L'eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare.

Non si è soli se qualcuno è andato via, si è soli se qualcuno non è mai venuto.

La mente è come l'ombrello: per funzionare deve essere aperta.

Una persona arrabbiata difficilmente è ragionevole, una persona ragionevole difficilmente è arrabbiata.

Se ami quello che fai, non sarà mai un lavoro.

Se mantieni la calma mentre tutti intorno a te hanno perso la testa, probabilmente non hai capito qual è il problema!

La perfezione ha un grave difetto: ha la tendenza ad essere noiosa.

Ognuno di noi ha un paio di ali, ma solo chi sogna impara a volare.

Mosè ricevette le tavole dei Dieci Comandamenti, le lesse e disse: "Ma allora dillo che non si può fare niente!"

Si può mentire con la bocca, ma con l'espressione che si ha in quel momento si dice pur sempre la verità.

Sapete perché i genovesi non amano i frigoriferi? Perché non sono mai sicuri che chiudendo la porta si spenga la lampadina!

I momenti belli non li senti quando li vivi, ma li ricordi quando li rimpiangi.

Anche l'uomo più sapiente, per insegnare ciò che sa, deve imparare a farlo.

Lascia che il silenzio dica tutto quello che le parole non saranno mai in grado di dire.

La vera amicizia non parla, ma agisce.

La semplicità è la forma della vera grandezza.

Al mondo esistono due categorie di persone: quelli che la pensano come me e quelli che hanno torto.

Non provare mai rimorso per quello che hai pensato della tua donna; lei ha pensato di te cose molto peggiori.

La vita deve essere fortificata da numerose amicizie. Amare ed essere amati sono le più grandi gioie della vita.

Anche per i mediocri accadono fatti eccezionali, solo che loro non se ne accorgono... per questo sono mediocri!

I veri amici vengono separati soltanto dalla morte, mai dal destino.

Il pensare divide, il sentire unisce.

Questa estate al mare ho fatto un tuffo e sott'acqua ho trovato un marocchino che voleva lavarmi il vetro della maschera.

Si dice che chi trova un amico trova un tesoro, ma se l'amico trova un tesoro, si ricorderà che sono un amico?

Dagli ultimi studi fatti, pare che l'Universo sia finito. Ciò mi consola perchè non ricordo mai dove ho messo le mie cose!

Le apparenze possono ingannare, le azioni mentire, le parole confondere. Ma gli occhi sono un libro aperto.

Se insisti e persisti raggiungi e conquisti.

E' il tempo e non il matrimonio che pone fine all'amore.

Se bevi per dimenticare, prima paga e poi bevi!

Il bello di avere delle regole sta nel gusto di infrangerle.

Finchè si odia, si ama ancora.

Quando Dio chiude una finestra, dopo apre una porta.

Un ottimista è un pessimista male informato.

Non c'è differenza fra credere ai politici e credere a Babbo Natale. Purtroppo però c'è una bella differenza fra i politici e Babbo Natale!

L'età non ti protegge dall'amore. Ma l'amore, in una certa misura, ti protegge dall'età.

L'importante non è capire, ma essere in grado di capire.

Quando si ama la fedeltà non è troppo difficile.

Se gli ignoranti volassero, ai nostri politici bisognerebbe dargli da mangiare con la fionda.

Un vero uomo è colui che ha il coraggio di scegliere.

L'ignoranza è un mare, l'intelligenza una goccia.

Siamo più scontenti di quello che non abbiamo che contenti di quello che abbiamo.

Non fate gli eroi, perchè gli eroi muoiono.

Meglio una gallina oggi che un uovo domani. Firmato il gallo.

Se la prima volta non ti riesce, il paracadutismo non fa per te.


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view post Posted: 15/10/2014, 21:56     Su col morale -


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Su col morale

Tanto per cominciare...

Quando ti svegli, guardati allo specchio
e fatti un sorriso...
potrebbe essere l'unico
che raccoglierai nella giornata.

Inno alla vita

Il passato è un triste ricordo...
il presente è pieno d'insidie...
meno male che c'è un futuro,

...ricco d'incognite!

La mente

Ho un dubbio:
quando mi mancherà l'energia vitale,
anche la mia memoria sarà volatile
come quella del mio computer?

Tecnologie

Il tempo utile per sfruttare
nozioni appena apprese
è sempre minore del tempo
occorrente per apprenderle, ovvero,
perché quando ho capito come funziona una cosa,
questa è già superata?

La forza del segno meno...

In una catena di azioni necessarie
per raggiungere uno scopo,
basta che un solo anello sia negativo,
perché l’intero progetto fallisca. Ovvero:
un piccolo segno "-" batte un milione di "+".
Quando un’azione riesce, quindi, si può giustamente
sospettare che ci sia di mezzo un miracolo!

...Controprova

In una catena di azioni perseguitate
dal segno negativo, invece,
la presenza di qualche
sporadico segno positivo,
serve solo ad illuderti.
Conclusione:
Essere ottimisti è contro le leggi fisiche!

Le stampanti

Le stampanti sono progettate
per svolgere in modo perfetto
tutte le funzioni di cui
non avrai mai bisogno.
Quelle normali sono sempre un “optional”.

Il tecnico

Un bravo tecnico riesce sempre
a spiegarti in modo incomprensibile
anche le cose più semplici.

Internet

Su Internet puoi trovare di tutto,
ma proprio di tutto,
beh, a parte ciò che ti interessa
in questo momento.

Alte tecnologie

Un cellulare nuovo si può considerare obsoleto
durante il percorso che lo trasferisce
dalla fabbrica al compratore.

Bestemmie

Chi crede in Dio, come fa ad essere
così impudente da bestemmiarlo?

E chi non ci crede, cosa Lo bestemmia a fare?

La conoscenza

È vero, la conoscenza ti toglie
molte fragili certezze

...però ti restituisce tanti solidi dubbi !

La vita

Quando incomincerai a capire
come gira la vita,
non avrai più l'età o la voglia
di farla girare.

TV

Cos'è più inguardabile
di un televisore spento?

...un televisore acceso!

Il rispetto

Il rispetto non si compra:
te lo devi far regalare.

La guerra

Le disgrazie della guerra
sono terribili.

Quasi peggio di quelle
delle pace.

Matrimonio

Sposarsi è bellissimo.
E' un errore non farlo almeno
ogni cinque anni!

I figli

Quando hanno bisogno di te,
li vedi tutti i giorni.

Quando hai bisogno di loro,
non li vedi più.

La speranza

Si dice che sia l'ultima a morire.

Peccato nasca già molto cagionevole
di salute.

Giudizio Universale

Quando ci sarà il Giudizio Universale,
e Dio avrà finito di giudicare gli uomini,
CHI giudicherà Dio?

La felicità

È un sacco di tempo che le corro dietro.
Speriamo di non raggiungerla,
se no, poi, a chi corro dietro?

Caratteri

Il realista sta nel mezzo, tra pessimisti e ottimisti,
e si perde tutte le speranze
e delusioni, che sono il sale della vita.

Bontà

Non è vero che la bontà non esiste:

è che i buoni spariscono subito in Paradiso.

Aldilà

Ve lo immaginate che Inferno vivere in Paradiso,
attorniati da gente
buona, educata, premurosa, tranquilla,
rispettosa, onesta, prudente e timorosa?

Corpo

Il corpo umano è una macchina meravigliosa.
Pensate:
riesce anche a sopravvivere, malgrado
gli hamburger che gli buttate dentro !

Meccanica

L'aggressività è il motore della vita.

L'astuzia è il suo migliore carburante.

Altruismo

L'altruismo è come Babbo Natale:
tutti sanno che non esiste, ma tu
lo dovrai scoprire da solo e per vendicarti
terrai il segreto.

Pericoli

Guardati le spalle se non vuoi essere fregato.

Ma tienti anche una mano davanti.

I parenti

Sono adorabili. Infatti, più sono
lontani più gli vogliamo bene.

I genitori

Da loro potrai facilmente
imparare tutto ciò che NON devi fare,
ma le cose giuste resteranno un segreto.

Razzismo

Non esiste razzismo in casa mia.

Infatti inizia solamente fuori
dal mio cancello.

Corruzione

Ma dai, la corruzione è solo un semplice gioco,
come: “ok il prezzo è giusto”.

Peccati

Se vuoi sapere cosa sono veramente
i peccati, non chiederlo al prete
…SPIALO!

Democrazia

Dio ha creato gli uomini diversi
gli uni dagli altri.
E’ la democrazia che li illude d’essere uguali.

Cos’è la vita ?

un vecchio album di fotografie stinte,
che non interessano a nessuno,
tranne a te ed alla tua cara mammetta.

Computer

Se hai un computer troppo vecchio
potrai usare solo programmi troppo vecchi.
Se hai un computer molto nuovo
... non gireranno neanche quelli!

Stagioni

L’inverno ti lascia tutto il tempo di pregustare
l’arrivo della primavera.

La primavera non viene mai, è vero, ma
ti fa sognare l’estate.

L’estate può essere un inferno, d'accordo,
ma puoi sempre confidare nell’imminente
arrivo del dolce autunno.

L’autunno,..…che tristezza!

Terza età

Per le donne se sei povero sei un vecchio,

Se sei ricco sei un uomo interessante.

Tempo

Il tempo non lo puoi fermare,
ma se stai proprio male,
si fermerà da solo.


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view post Posted: 15/10/2014, 17:02     Bene e Male -

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Il Bene e il Male sono concetti che l'uomo cerca di definire da quando ha iniziato a riflettere.

Come sempre il mio approccio parte da una base comune a tutte le mie definizioni, ovvero i tre livelli:
l'individuo, le società, l'umanità. Ai quali s'aggiunge anche un quarto livello: universalità.

Così facendo mi sembra più facile pervenire a conclusioni più dirette e precise.

Da millenni filosofi e pensatori d'ogni genere hanno esposto teorie complesse e spesso opposte, senza riuscire a fare chiarezza e senza abbracciare tutta la casistica di cosa sia Bene e cosa sia Male.
Vediamo se ci riesco io?

Partiamo dall'individuo.

L'idea del bene e del male a mio avviso è identica in qualsiasi essere umano: è Bene tutto ciò che mi gratifica, che soddisfa i miei desideri, che produce sensazioni di benessere al mio fisico. Il Bene individuale è dunque fisico e/o psichico. Questa è la più semplice percezione personale del Bene.

E' Bene (è "buona cosa"): saziarsi, dormire, avere rapporti sessuali, essere al riparo dal caldo e dal freddo eccessivo, sentirsi sereni, appagati, sicuri, forti, sani, ecc.

Il fondamento di queste esigenze è sempre lo stesso: sentirsi lontani dal pericolo della sofferenza, che è preambolo alla paura della morte, che incombe sempre dal nostro profondo. Ci guida come è giusto che sia, l'istinto di sopravvivenza.

Ma -attenzione- non ci guida sempre in modo corretto! A volte siamo vittime delle nostre piacevoli sensazioni e facciamo cose che alla fine sono dannose e non salutari al nostro organismo o alla nostra mente. L'uso di sostanze alcoliche, tabacchi, droghe, abusi d'ogni genere, ci danno una falsa sensazione di Bene, ma rappresentano un forte indebolimento del nostro fisico e della nostra mente, quindi sono Male a livello individuale e spesso si traducono in Male anche a livello sociale.

Così certe avventure ad alta rischiosità sembrano appagare i nostri desideri di grandezza e prova di forza, ma mettono a repentaglio la nostra sicurezza, che viene bellamente ignorata o sottovalutata.

In questo, dunque, non siamo macchine perfette.

Di contro per noi è Male tutto ciò che destabilizza o allontana dai suddetti stati di benessere.

Mahatma GandhiI concetti di Bene e Male nelle società, invece, sono assai più complessi e differenziati.

Non riusciamo più ad avere una definizione unica che valga per qualsiasi popolo, cultura, epoca.

Ciò che è stato Bene in certe comunità s'è trasformato in Male in altre e questo meccanismo perdura anche ai giorni nostri.

La consapevolezza che ogni individuo ha del personale Bene/Male non viene parimenti trasferita alla comunità.

In essa sorge la necessità di regole e condizionamenti che travalicano il singolo individuo.

I più forti vincoli sono dettati dalla necessaria convivenza, ma anche spesso da superstizioni, religioni e altri poteri forti.

Adolf HitlerIl compromesso sociale è difficile perchè pone noi stessi in contrapposizione con tutti gli altri.

Nascono i conflitti territoriali, il desiderio di ciò che non possediamo, l'ambizione di comandare, la costrizione verso i doveri (che detestiamo), le lotte tra società diverse per il predominio.

E' la vita sociale che ci costringe a fare i conti col nostro egoismo (che è istintivo) contro l'altruismo (che non ci gratifica allo stesso modo).

Quindi non possiamo trarre conclusioni univoche su ciò che a livello sociale sia bene o male, salvo appunto il concetto che in una società diventa Bene tutto ciò che è funzionale al rispetto delle sue regole e usanze, prescindendo dal valore o dalle esigenze e ambizioni del singolo individuo che la compone.

Il terzo livello è quello dell'Umanità intera.

In questo caso il Bene e il Male assumono un valore oggettivo generale, senza più distinzioni sociali.

E' Bene tutto ciò che è favorevole allo sviluppo e conservazione della razza a cui apparteniamo, se restiamo ancorati ad una visione "utilitaristica" della nostra razza.

Gli esseri umani hanno poi raggiunto un'ulteriore consapevolezza, dovuta alla loro conoscenza delle leggi che governano il pianeta , ovvero che è sì Bene riprodursi, ma per conservarsi sarebbe pure necessario rispettare gli equilibri con l'ambiente in cui viviamo, ovvero senza mettere a rischio l'intero pianeta e le risorse che ci fornisce. Questa consapevolezza resta solamente a livello teorico perchè non siamo ancora capaci di rispettare il nostro ambiente e sosteniamo ancora impunemente il concetto di "crescita senza limiti".

Sappiamo anche che è male uccidere qualsiasi forma di vita, esseri umani come noi per primi, se non per esigenze di sopravvivenza o legittima difesa.

Ci sarebbe infine anche un quarto livello d'analisi, ovvero quello del Bene e Male universale.

In questo caso tutti i concetti precedenti svaniscono per lasciare il posto alla semplice legge della vita: per ogni specie è Bene tutto ciò che è funzionale al proprio sviluppo e preservazione. Così si comportano tutti gli animali e vegetali, senza porsi ulteriori problemi, non avendo, fino a prova contraria, la consapevolezza di sé stessi come singoli individui e non immaginando la propria inevitabile morte.

Il Bene e il Male in un disegno fantasy

Ed infine: esiste il Male assoluto e il Bene assoluto?

Io credo abbiano uno scarso valore didattico questi concetti perchè allontanano dalle responsabilità individuali.

Siamo noi a fare bene o fare male, coi nostri comportamenti, con le nostre idee.

Bene o Male assoluti sono forme speculative tipiche delle religioni, utili come esemplificazioni, ma che non trovano corrispondenza nel mondo reale.

Bene o male sono sempre relativi ad una circostanza, salvo non si creda ai poteri del diavolo o di altri esseri maligni o benigni che siano.

Nel qual caso, però, per onestà intellettuale, bisognerebbe chiedersi come possa allora Dio essere considerato amore, se lascia scorrere fiumi di sangue e di atrocità sugli esseri che più gli dovrebbero somigliare?

O, di contro, allora anche noi miseri esseri umani, fatti a sua somiglianza,
siamo puro amore? Ve la sentite di sostenerlo?


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view post Posted: 15/10/2014, 16:27     Coppia -

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Di che coppia sei?

Due persone adulte legate sentimentalmente possono assumere differenti
comportamenti nel rapporto che li unisce.

Figurativamente mi immagino questi tipi di legami:

- Coppia in cordata
- Coppia al tiro alla fune
- coppia senza corda
- Coppia a braccetto


Sono atteggiamenti completamente diversi tra loro e
che producono nel tempo diverse reazioni.

Analizziamole in dettaglio.


COPPIA IN CORDATA (relazione SUBORDINATA)

Coppia in cordata
E' il caso in cui uno dei due partner tira l'altro, ovvero è solo lui che guadagna, che ha le idee, che sceglie, che decide, che giudica, che progredisce, che esprime i suoi sentimenti e le sue emozioni e via dicendo, in misura più o
meno forte rispetto all'altro partner e su più o meno ampi fronti.

Il partner passivo è spesso solidale in questi casi, si lascia benevolmente trascinare. Anche quando non sarebbe d'accordo, accetta ugualmente le decisioni dell'altro senza discutere, per il quieto vivere o per fiducia totale.

Questo comportamento porta a due possibili instabilità. La prima è data dal fatto che ad un certo punto il partner trainante si stanchi, perda interesse, si annoi del comportamento passivo dell'altro partner; si senta solo, insomma.

Gli stimoli sentimentali si sopiscono e inizia a percepire forti interessi per altre persone. Fino a mollare la corda e lo stesso partner che c'era attaccato! L'altra instabilità è data dalla possibilità che il partner trainato si ribelli e voglia trovare un rapporto più alla pari col suo livello intellettuale.

Come accennavo, però, c'è anche il caso in cui una coppia di questo tipo possa andare avanti benissimo perchè ognuno soddisfatto del proprio ruolo. Il trainante si sente appagato dalla sua "superiorità", dalla responsabilità della guida mentre all'altro va benissimo avere un forte appoggio, un porto sicuro su cui contare sempre.
Era forse il tipo di relazione più frequente nella vecchia società pre-sessantotto. L'emancipazione femminile ha fatto si che la donna senta molto di più la sua individualità e la voglia esprimere con pari dignità rispetto all'uomo capofamiglia indiscusso. A questo si aggiunga il maggiore livello culturale femminile, a cui prima era negato l'accesso a studi avanzati.

COPPIA COL TIRO ALLA FUNE (relazione COMPETITIVA)

Coppia col tiro alla fune
Qui i due partner hanno ancora una corda che li unisce, ma questa volta la usano per tirare l'altro dalla loro parte, ovvero in contrapposizione.

Ogni argomento è valido spunto per opporsi, per aprire una discussione, per manifestare il proprio disappunto, per rispondere con arroganza, per litigare anche su un non nulla.

Alla base c'è la necessità da parte di uno dei due di sottomettere l'altro per dimostrare a sè stesso di essere, se non superiore, quanto meno alla pari col proprio partner, oppure c'è la necessità di non potere dare ragione all'avversario per non subirne lo smacco. A volte il senso di inferiorità può essere presente in entrambi i partner, e questo rende la cosa ancora più complicata e intollerabile.

Il rapporto è decisamente conflittuale, visto che la competizione comporta un vincente ed un perdente, ovvero è di tipo agonistico e il perdente non accetta mai la sua sconfitta ed è pronto a vendicarsi appena possibile per il torto subìto. Come minimo tenendogli il muso per ore o giorni interi, ovvero col rifiuto dell'altro.

A volte il vincente non vince per prepotenza, ma per competenza maggiore rispetto il partner. In questi casi lui è in buona fede, sa di intendersene di più su un certo tema o di avere avuto un'idea migliore ed è ovvio che porti validi argomenti nella discussione. Ma questi argomenti non sono accettabili dall'altro partner che soffre di complessi e vuole/deve spuntarla a tutti i costi.

E' ovvio che il più preparato non può dare ragione all'altro, mollando la sua tesi, tanto per calmare le acque. Sarebbe un insulto, una ipocrisia a cui non si può piegare. E' il caso del fagocitatore suo malgrado.

Il legame è pesante. Spesso si ripercuote anche nei rapporti coi figli. Uno fa un rimprovero al figlio e l'altro ne prende le difese. Niente di più deleterio nell'educazione! Poi sarà lo stesso figlio ad agire allo stesso modo,
arrivando a compatire o insultare il genitore più debole.


COPPIA APERTA (relazione INDIPENDENTE)

Coppia apertaIn questo caso la corda non esiste proprio!

E' la coppia che ha deciso (o imposto unilateralmente) di vivere la propria relazione con grandi spazi di libertà e autonomia.

Sono le coppie che vivono in due città diverse e periodicamente si incontrano, oppure quelle che, pur vivendo sotto lo stesso tetto, sono spesso in viaggio (ma non insieme) oppure che hanno molti interessi fuori casa.

Praticamente percorrono due sentieri diversi, che ogni tanto s'incrociano. Stanno bene insieme per poche ore o giorni perchè sanno di poter fuggire in qualsiasi momento, con una scusa qualsiasi.

Non vivendo insieme la maggior parte del tempo è chiaro che quando s'incontrano hanno arretrati di affettuosità ed erotismo da smaltire o tante cose da raccontarsi e perciò poco tempo avanza per fare emergere i problemi o i conflitti personali. Prima ancora che qualcosa li divida...sono già divisi per impegni diversi.

Più è frequente e/o prolungata la loro separazione, più sarà superficiale e inaffidabile la loro relazione, ma priva di litigi, contrasti, malumori, ecc.

Questa scelta va bene a chi non vuole assumersi responsabilità verso il partner o a chi si vuole tenere aperta la porta dell'alternativa, cioè del tradimento, lontano dagli occhi dell'altro. Ma soprattutto a chi non ama e non conosce passione. Coppie fredde, stressate dai loro infiniti effimeri impegni, egoiste al massimo, incapaci di fare qualsiasi compromesso e poco o nulla coinvolte nella vita e nei problemi del partner, verso il quale non c'è un grande interesse.

Oggi questo stile di vita di coppia va molto di moda, è lo specchio della nostra società effimera e individualista.

COPPIA A BRACCETTO (relazione COLLABORATIVA)

Coppia sotto braccio
Finalmente siamo arrivati alla coppia perfetta!

Qui la corda è simbolica e ne rappresenta l'unione. I due viaggiano sotto braccio, affiancati, alla pari.

Le ignoranze/debolezze di uno sono compensate dall'altro o accettate da tutti e due serenamente.

Le buone idee del primo sono sposate dal secondo e viceversa.

Le avversità vengono affrontate insieme, nel tentativo positivo di superarle facilmente.

Nessuno dei due si ritiene superiore all'altro, ma semplicemente diverso.

La loro individualità non è compromessa, anzi, viene rafforzata dal piacere di sentirsi aiutati e con il compiacimento delle proprie capacità di ricambiare il sostegno all'altro.

Il loro contributo è complementare e ciò rafforza viepiù la coppia.

Sono due menti in collaborazione tra loro. Le diversità vengono analizzate e smussate, giungendo a volte al
compromesso, a volte all'adozione della soluzione migliore prospettata da uno dei due partner, non importa quale.

Tra loro non contano le vittorie e le sconfitte, non ne hanno bisogno perchè sono in pace ed equilibrio con loro
stessi. E sanno ascoltare!

Conoscono i loro pregi e i loro difetti, sono consapevoli delle personali debolezze e contano sulle loro forze e su
quelle dell'altro.

Con questo atteggiamento è facile che l'amore raggiunga il massimo livello, perchè non ci sono ostacoli a turbarne la crescita o il mantenimento.

Naturalmente ci sono coppie che passano da un tipo di relazione all'altro. A volte, ad esempio, c'è unione collaborativa e altre volte, per fatti esterni alla coppia, si scivola nel rapporto conflittuale. Ciò che fa testo in ogni caso è il peso degli atteggiamenti negativi che provocano instabilità e insoddisfazione, fino al rischio di rottura definitiva.

Allora poco importa che una coppia siano normalmente collaborativa, se di fronte ad un imprevisto qualsiasi si scatena una reazione violenta che lascia il segno!


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view post Posted: 15/10/2014, 15:53     Paura -

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Paura


Cos'è la PAURA?

Ogni essere vivente percepisce l'ambiente circostante e lo stato del suo stesso corpo classificando ogni evento come buono o cattivo nei suoi confronti.

Naturalmente ci sono vari livelli di "buono" e vari di "cattivo".

Il buono è paragonabile allo stato di felicità, benessere, piacevolezza, serenità, così come il cattivo si esprime in termini di timore, ansia, paura, panico, terrore e dolore fisico o psicologico.

La maggior parte degli esseri viventi del mondo animale e vegetale ha al primo posto il concetto di sopravvivenza. Questo può essere più o meno intenso ed importante in funzione dei reali pericoli individuali o della specie che ogni singolo individuo può incontrare durante la sua esistenza.

E' ovvio che per una antilope il concetto di sopravvivenza individuale è assai importante, dato l'ambiente e i pericoli in cui vive, così come lo è per l'uomo, mentre per una formica o un filo d'erba tali pericoli individuali sono irrilevanti perchè è l'intera specie che conta di più sul numero che sul singolo individuo.

Per quanto riguarda l'uomo, avendo coscienza di sé stesso come individuo indipendente da tutti gli altri, è naturale che il concetto di sopravvivenza assuma un ruolo prioritario. Certo, egli è anche consapevole dell'importanza che l'intero genere umano non vada incontro alla propria estinzione, ma alla fine ognuno è più propenso a salvare prima di tutto la propria pelle e fare i propri interessi, come dimostra lo stato in cui stiamo riducendo il nostro pianeta. Salvo casi del tutto particolari, come quello di una madre che si getta nell'acqua per salvare il proprio figlio, pur non sapendo nuotare.

Come funziona la paura?

Nell'uomo i segnali ricevuti dal mondo esterno attraverso i sensi raggiungono prima di tutto il talamo, che poi passa l'informazione all'amigdala ed in un secondo tempo alla neocorteccia.

L'amigdala, dunque, risponde agli stimoli prima della nostra parte cosciente. La sopravvivenza è dunque di fatto più importante di qualsiasi ragionamento e decisione cosciente!

Quando l'amigdala valuta uno stimolo come "pericoloso", invia immediatamente segnali di emergenza a tutte le parti principali del cervello, stimolando così il rilascio di ormoni che innescano la reazione di combattimento o fuga.

Già, queste sono le due strade alternative che si presentano di fronte ad uno stato di paura:
affrontare il pericolo o scappare? La scelta sarà di volta in volta quella che alla nostra mente ci sembra più opportuna, ma che non è detto che sia la più giusta.

In pratica con questi stimoli viene rilasciata adrenalina, dopamina, noradrenalina.

Poi sono messi in allarme i centri del movimento e saranno attivati il sistema cardiovascolare, i muscoli e l'intestino.

Nello stesso tempo viene consultata la memoria per cercare qualsiasi informazione attinente a risolvere la particolare situazione (esame delle esperienze già vissute, insomma).

L'ippocampo ricorda le esperienze passate, mentre l'amigdala ne giudica l'importanza emozionale.

Come si combatte la PAURA?

Questo che ho descritto è più o meno il meccanismo della normale paura che possiamo sperimentare infinite volte nella nostra esistenza. Non è dunque "da combattere", come l'ignoranza o la superficialità ci farebbe credere. E' un meccanismo sano, a cui dobbiamo dare la giusta importanza. Ma molto come s'è visto dipende dalle nostre esperienze del passato e anche dall'ambiente culturale in cui viviamo.

Nella storia umana spesso si è associata la paura ad uno stato di vigliaccheria. Ciò è nato anche per ragioni pratiche indiscutibili, come quelle dell'addestramento di un soldato. E' chiaro che gli si deve insegnare a non avere paura anche di fronte a pericoli mortali, di cui all'esercito singolarmente importa molto poco!

Un altro caso frequente riguarda le competizioni individuali, spesso tra giovani incoscienti, dove soprattutto nei maschi si vuole sfidare la paura, compiendo azioni altamente pericolose quanto inutili e sceme.

Quando non sappiamo valutare la pericolosità di una situazione nuova è perciò facile provare inquietudine che può facilmente trasformarsi in paura. Se, per esempio, incontriamo un essere umano molto diverso da noi, per come veste o per il colore della pelle o il comportamento insolito, ecco che dentro di noi scatta uno stato di imbarazzo, che può trasformarsi in paura. Così pure se vediamo un insetto dall'aria minacciosa, anche se magari del tutto innocuo. La paura del diverso, ovvero dell'ignoto che non sappiamo decifrare.

L'adrenalina, poi, provoca uno stato di eccitazione che è pure piacevole e per questo gli esseri umani sono portati a spaventarsi anche "per finta", come succede ad esempio durante un film del terrore. Ma giocare con il piacere adrenalinico può costarci anche la vita, come capita a chi si lasci andare ad avventure molto rischiose o sport estremi, così di moda ai nostri giorni.

Al di là del sano principio della paura l'uomo è riuscito a crearsi una infinità di emozioni del tutto o quasi artificiali e ingiustificabili, fino ad essere classificabili come "patologiche". Paure a vari livelli d'importanza e molto soggettive, come ad esempio in questo breve elenco, che potrebbe essere esteso all'infinito:

Paura: degli altri, del buio, di fare l'amore, di avere un figlio, del futuro, degli insetti, dei cani, di volare, di non essere all'altezza, di essere brutti, dell'altitudine, del cibo, dell'acqua, delle malattie e della morte, ecc. ecc.

Se conosciamo bene il principio con cui la nostra mente ci avvisa di un pericolo, sapremo più facilmente distinguere i segnali importanti e giusti, cui dare la più saggia e opportuna risposta, da quelli fasulli, frutto della nostra carente stima di noi stessi e delle nostre capacità o che sono il risultato di carenti valutazioni del rischio e che sarebbe giusto ignorare e debellare.

In ultima analisi dobbiamo pensare che vivere è già di per sé un rischio verso il quale siamo tutti perdenti...visto che alla fine nessuno di noi ci riesce per l'eternità (salvo chi sia convinto che esista un aldilà).

Dunque volare con un aereo di linea è giusto che ci faccia paura o no? Se siamo alla prima esperienza avremo una certa naturale diffidenza, che poi con le volte successive andrà via via diminuendo. Ma se già al primo volo non tutto procede come da manuale e poi al secondo incontriamo difficoltà all'atterraggio e via dicendo, beh è chiaro che passeremo dalla parte di quelli che dicono che "volare è pericoloso!". Generalizziamo una nostra parzialissima esperienza personale. Il ché è comprensibile, ma non corretto.

Per concludere: la paura è da gestire col giusto equilibrio, accumulando esperienze e conoscenze che ci consentano sempre meglio di distinguere le forme sane di segnali di emergenza da tutte le forme patologiche che possiamo subire.

Solo l'ignoranza ci fa avere paura della paura!

Se sapremo fare bene questa distinzione avanzeremo molto più tempo per dedicarci all'altro settore di cui ho accennato all'inizio: soddisfare il nostro piacere e benessere!



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view post Posted: 14/10/2014, 17:15     Vecchiaia -



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Vecchiaia


“Il peggio quando si invecchia è che si resta giovani”
(sì, ma è solo un'illusione)


Assisti, impotente, giorno dopo giorno, alla lenta, ma irreversibile decomposizione del tuo corpo e della tua mente.

La pelle si inflaccidisce, affiorano qua e là piccole vene rossastre sul volto e sulle gambe. La peluria si dirada nei punti maggiormente sottoposti allo sfregamento dei vestiti.

E dimentichi...

Solchi inarrestabili scavano i loro sentieri attorno agli occhi, sulla fronte, sul collo.

Piccoli punti marroni o nerastri si svegliano come da un lungo ragionato letargo, e poco per volta si ingrossano e si allargano; cellule impazzite che denunciano l’avanzare di nuove minacce.

Lo smalto dei denti ingiallisce e poi si sfalda, lasciando una serie di ruderi cavernosi che uno dopo l’altro andranno abbattuti.

E dimentichi...

Il passo si appesantisce, il fiato si accorcia.

La stessa scala che fino a ieri affrontavi con agilità, ora sembra inconquistabile: non puoi più contare sulla tua agilità.

Il desiderio d’amore si fa più grande della capacità d’amare, poi si assottiglia anch’esso.

E dimentichi...

Le piccole o grandi aspirazioni si trasformano una ad una in illusioni, mete sempre più irraggiungibili.

Incominci a cancellare i progetti di viaggi lontani, perché sai che non ci andrai mai più in quei posti, poi cancelli via via anche quelli meno lontani e poi non hai più voglia di muoverti del tutto.

E dimentichi...

Non ci sono più “nuovi” incontri; la gente è sempre tutta uguale a gente già vista e già conosciuta. Basta un’occhiata e sai già classificare i vari individui e riconoscere i loro difetti prima ancora che si manifestino; le sorprese si estinguono.

E dimentichi...

La vita attorno a te si trasforma a ritmi incalzanti. E’ il progresso che accelera o sei tu che rallenti?

Le novità che prima ti attraevano ora ti spaventano o ti lasciano indifferente.

Le tue ossa si accorciano e la schiena s'incurva, mentre piccole stelle nel cervello si spengono una ad una e il firmamento mentale si fa sempre più buio e vuoto.

E dimentichi...

Il lavoro che affrontavi con passione diventa una umiliante prova quotidiana delle tue incapacità. I discepoli ti superano. Negli scontri sei sempre più spesso il perdente.

E dimentichi...

Sei un testimone disarmato dello stesso disfacimento di chi ti sta vicino: specchio altrettanto crudele della tua stessa vecchiaia.
Le frasi si atrofizzano, la routine ti imprigiona, i cambiamenti ti spaventano.

E dimentichi...

I bambini ti infastidiscono, i giovani parlano un’altra lingua, gli adulti ti deludono, i vecchi sono noiosi. Ti isoli e resti sempre più solo.

E dimentichi...

Avanzano le prime malattie. Parli sempre più spesso di ossa che dolgono, di stomaco pigro, di occhi sempre più sfocati, di vene indurite e di medicine, ospedali, analisi.

Lo specchio rimbalza l’immagine di un altro. I ricordi si sgretolano, prima i nomi, poi le immagini, poi periodi interi.

E dimentichi...

I funerali prendono il tempo una volta dedicato ai matrimoni e battesimi.

Prima gli anziani, poi i coetanei, poi - se sei fortunato- anche molti che erano più giovani di te, o meno vecchi, per essere sinceri.

Poi è il tuo turno...

...e sarai a tua volta dimenticato.


Roberto

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view post Posted: 14/10/2014, 14:25     Ottimismo e Pessimismo -


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Ottimismo e Pessimismo

L'ottimismo e il pessimismo sono considerati i due atteggiamenti opposti con cui possiamo porci di fronte a qualsiasi questione della vita: dalle scelte di lavoro, ai rapporti sentimentali, dalle considerazioni sulla nostra salute, agli eventi imprevisti.

Entrambi gli atteggiamenti peccano di superficialità d'analisi e sono deviati nelle conclusioni.

L'ottimista si aggrappa ai fragili aspetti positivi, così come il pessimista considera solo quelli negativi. Il primo si getterà a capofitto in qualsiasi impresa, prendendo spesso grandi delusioni e sconfitte, mentre il secondo si asterrà dal buttarsi in qualsiasi impresa, perdendo qualsiasi occasione favorevole.

Ci sono, però, due considerazioni che vanno fatte su questi caratteri: l'ottimista è socialmente una persona gradevole, confortante, positiva, così come il pessimista è scostante, deludente, poco piacevole.

E allora?

Sarebbe facile concludere che tutto sommato l'ottimista vive meglio, è più intraprendente e più simpatico, quindi meglio essere ottimisti.

Questo perchè ci si dimentica sempre che tra i due estremi esiste anche una via mediana.

Tra atteggiamenti ottimistici e atteggiamenti pessimistici ci può essere, anzi ci dovrebbe essere, la ricerca del giusto equilibrio, della cosa più saggia, della competenza, sviluppando sempre di più le proprie capacità d'analisi e di sintesi, oltre alla profonda conoscenza dei fatti.

Questa via, così poco presa in considerazione, si chiama "realismo" o "razionalità".
E' la strada che ci ispira per realizzare progetti realmente percorribili con le forze in gioco, senza eccesso di illusioni e senza rinunce deprimenti.

Essere realista significa tenere i piedi per terra, sapere valutare bene situazioni e persone, non lasciarsi trascinare da ventate di infondate speranze, così come non essere prevenuti e ostili verso qualsiasi giudizio o decisione.

In altre parole essere realisti significa: saper fare al meglio qualsiasi valutazione.

Naturalmente nessuno può essere perfetto e qualche scivolata verso l'ottimismo o il pessimismo è sempre possibile, ma tutto cambia se si tiene a mente che tra questi due estremi dobbiamo cercare sempre la via mediana, quella delle corrette valutazioni, quelle dello sforzo d'apprendimento.

Già, essere realista significa anche mettere molta più energia in ogni giudizio. E questo è faticoso. Per questo molta gente opta per le più riposanti posizioni ottimistiche/pessimistiche; non costano alcuna fatica!

Ma l'atteggiamento realista non toglie spazio alle passioni, al lasciarsi andare, al piacere del rischio o della sorpresa, al brivido del successo?

Io non direi.

Anche tenendo i piedi ben saldi a terra, ci possiamo sempre concedere imprese ed esperienze di cui abbiamo ben valutato pregi e difetti, rischi e possibilità e quindi di cui siamo consapevoli dei rischi effettivi o del prezzo che dovremo pagare. E' solo la sorpresa ell'errore di valutazione, o la rinuncia preventiva, che provocano sorpresa e frustrazione.

Se sappiamo valutare bene una situazione e ne conosciamo a priori la possibilità di successo, non ci saranno tristi sorprese se dovesse fallire, perchè ne eravamo consapevoli e dunque eravamo anche preparati ad accettare anche la sconfitta o il duro prezzo.

Bisogna dunque diffidare degli ottimisti, perchè ci possono condurre fino giù nel baratro e dobbiamo evitare i pessimisti, perchè con loro staremo sempre fermi a casa.

L'ottimista è il funambolo pronto ad attraversare la corda d'equilibrio a 10 metri dal suolo, sfidando il destino e contando sulle sue capacità. Il pessimista è quello che non ci prova neppure, precludendosi l'avventura.

Il realista, invece, è quello che si diverte a sfidare il destino, ma solo dopo essersi assicurato che sotto la corda ci sia una bella rete di protezione!

Con questo esempio, voi, da che parte stareste?


Roberto


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view post Posted: 13/10/2014, 22:21     Altruismo -


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Altruismo


Se con questo termine intendiamo un atto assolutamente disinteressato, cioè scegliere di compiere un qualsiasi gesto in favore di un altro, senza ricevere niente in cambio, forse rischiamo di parlare di qualcosa che non esiste.

Una definizione un po’ cinica dell’altruismo potrebbe essere: “L’altruismo è la spinta ad elargire ad altri ciò di cui ci priviamo volentieri, con la tacita attesa che il gesto venga in qualche modo premiato”.

E’ molto raro che si doni ad altri qualcosa che serva veramente a noi stessi; prima di molti gesti altruistici c’è quasi sempre una riflessione ed una scelta di convenienza, salvo quegli atti sconsiderati o irrazionali che precedono qualsiasi ragionamento e sfuggono così alla regola.

In certi casi si parla di comportamento altruistico semplicemente perchè non si è scoperto dove si nasconda quello egoistico.
Se siete convinti del contrario, ovvero che l’altruismo è molto diffuso, provate a farne qualche esempio e verificatelo con scrupolo.

Attenzione, però, perché molto spesso la merce di scambio c’è, ma non è facile scovarla!

Con un comportamento altruistico si può anche soddisfare il “proprio” bisogno di punizione o di procurarci gratitudine o si può combattere la “nostra” solitudine o la noia.

Il gesto altruistico, per essere veramente come lo intendiamo comunemente, dovrebbe partire dalla certezza che non vi sia alla base nessuna “merce” di scambio, ma che sia una pura donazione incondizionata (del nostro interessamento o amore o semplicemente del nostro tempo) oppure che sia un atto di generosità derivante dal privarci di qualcosa a cui veramente teniamo, senza averne in cambio altri beni di uguale valore.

Con questa premessa non voglio dire che l’altruismo non sia comunque un atteggiamento positivo, ma soltanto che in realtà non è così “nobile” come si vorrebbe ritenere e che questa pratica è più rara di quanto si creda.

Molte false situazioni altruistiche nascono in realtà da autentiche debolezze umane. Per esempio la classica affermazione: “ho sacrificato tutta la mia vita per i figli e la famiglia” nasconde assai spesso una diversa interpretazione: “mi sono dedicata ai figli perchè ciò mi appagava più di ogni altra mia possibile scelta diversa”. E c'è da aggiungere che spesso la gratificazione personale non basta ed allora si rimprovera ai figli di non mostrare la "dovuta" gratitudine.

Piuttosto che pagare “in contanti” i drammi di una rottura repentina, per esempio, questo tipo di persone preferisce pagare “a rate” un fallimento familiare, il più delle volte coinvolgendo nella quotidiana sofferenza anche gli altri componenti del nucleo, figli in particolare.

Un altro esempio potrebbe essere quello del missionario. Anche in questo caso l’altruismo è molto discutibile. Quanti preti decidono di andare in missione per soddisfare il bisogno di convertire al loro credo religioso, cioè per "evangelizzare", piuttosto che fare del bene nel rispetto del diverso? Alla base non c'è forse una precisa ambizione?

Se poi volessimo valutare più a fondo il “bene” che i missionari elargiscono, dovremmo anche fare i conti con la devastazione culturale e morale che spesso si lasciano alle loro spalle, man mano che, estirpando feticci, innestano tabù a volte peggiori.

Ci sono anche missionari laici che partono per spirito d’avventura.
Ma non è forse che alla base c'è sempre la ricerca di un proprio appagamento?

Lo stesso Albert Schweitzer, nel suo libro “Rispetto per la vita”, mi pare che non parli poi tanto di altruismo e amore per il prossimo, quando afferma: “Noi che predichiamo il Vangelo nelle terre straniere rappresentiamo l’avanguardia di un esercito che ha subìto una sconfitta e che deve venire riorganizzato.”

Per essere un premio Nobel per la pace, un "portatore di etica, fede e scienza" non riesco a rintracciare neanche una briciola di altruismo vero nel suo scritto, neppure nel suo grido d’allarme per il pericolo della rovina morale, quando scrive: “Noi tutti ci esauriamo nella estenuante lotta tra il lavoratore europeo che si sente responsabile e ha sempre fretta, e il figlio della natura che non sa che cosa sia la responsabilità e non ha mai fretta.” Traspare chiaramente il suo disprezzo per le popolazioni che vuole convertire.

E poi, sempre lo stesso Schweitzer, prosegue lamentandosi perchè i “figli della natura”, come li chiama lui i legittimi abitanti del Gabon : “forniscono solo quel tanto di lavoro che si riesce a imporre loro e, appena diminuisce la sorveglianza, fanno esattamente ciò che vogliono senza alcun riguardo per la perdita che può derivarne ai loro padroni. Sembra più uno schiavista che un missionario altruista , o no?

"In questa lotta di ogni giorno e di ogni ora con il figlio della natura, l’uomo bianco corre il pericolo di una graduale rovina morale”.

Non si capisce bene cosa intenda Schweitzer per “rovina morale”, visto che in effetti si riferisce ad una scarsa resa di produzione da parte dei “figli della natura” verso i loro “padroni”, malgrado la lotta quotidiana per stimolarli (con la preghiera o con la frusta?) a rendere di più, ma mi sembra che come esempio d’altruismo e di rispetto per la vita, sia sufficiente.

Certo qualcuno potrà obiettare che però ha anche costruito ospedali e curato gli infermi, oltre ad aver cercato di far lavorare gli indigeni, magari contro la loro volontà, ma tutto ciò comunque non l’ha fatto per nulla ed in silenzio, visto che si è reso tanto famoso da accaparrarsi persino un premio Nobel. E non era quello il suo obiettivo?

Sia chiaro, però, che il mio discorso non vuole rinnegare l’utilità del comportamento altruistico, che non metto neppure in discussione, ma semplicemente porre in guardia dai tanti “falsi” in circolazione e da quelle forme di altruismo che sarebbe meglio, invece, eliminare.
Ben venga il volontariato, se le strutture sociali non funzionano, prescindendo dai motivi che spingono una persona a prestare assistenza ai bisognosi.

Siano altrettanto encomiabili le opere svolte nel terzo mondo per alleviare le sofferenze di popolazioni assediate dalla fame e dalla sete, purché nel tempo si forniscano sempre più “esche” e meno “pesci”, cioè ci si preoccupi di creare soprattutto autonomia.

Siano degni di massima stima quei ricercatori che si iniettano un virus nel loro corpo per sperimentare meglio gli effetti di un antidoto.

Ma non posso considerare come gesto d’amore il donare un nuovo confessionale o una panca o lasciare tutto in beneficenza alla propria parrocchia. Sarà un gesto altruistico se visto dalla parte del parroco, ma resta in ogni caso un atto scaramantico (per comperarsi il Paradiso?) privo di ogni contenuto d’amore per il prossimo!

Tanto meno altruistico è l’adottare un bambino quando non se ne può avere di propri.

E’ si vero che gli orfani hanno bisogno di trovare dei genitori ed una vera famiglia, ma la spinta nasce dal proprio personale desiderio e aspirazione istintiva di avere un figlio e non dalla consapevolezza che ci sono bambini che hanno bisogno di genitori, tant’è che ci sono anche quelli che il bambino se lo comprano, pur d’averlo, senza scandalizzarsi troppo dei mezzi con cui riescono così ad ottenerlo.

La mia conclusione rimane dunque che l’uomo è un animale fortemente egoistico, che ha la spinta ad impossessarsi ed accumulare per sé (o al massimo per la propria famiglia) tutto ciò che può e senza badare molto spesso ai mezzi che usa e ai danni che procura ad altri.

Questo comportamento è probabilmente estendibile ad ogni comunità, razza e religione, salvo qualche rara eccezione. Ciò non di meno l'azione altruistica è utile per sè e per gli altri, prescindendo dalle motivazioni anche se spesso non si ritiene d'essere stati compensati nel giusto modo.


Roberto


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view post Posted: 13/10/2014, 19:11     Agressività -

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L’aggressività si scatena, solamente in presenza di conflitto.

Non è certo aggressivo l’atto di raccogliere e conservare un sasso che non appartiene a nessuno, ma, lo stesso gesto, assumerebbe questo attributo, se fosse destinato a colpire o se l’oggetto stesso appartenesse ad altri non disposti a cederlo.

Con l’aggressività, quindi, l’uomo manifesta e tende a realizzare il suo desiderio di supremazia e sopraffazione, che è alla base del suo egoismo innato.

Più è forte l’istinto di sopravvivere a sé stesso e più sarà forte il desiderio di dominare e aumentare i propri possedimenti, e perciò il bisogno di ricorrere all’aggressività ed alla violenza.
Per capire l’aggressività e non condannarla a priori bisogna rifarsi al principio della selezione naturale Darwiniana, che non sarà la risoluzione di tutti i misteri dell’Universo, ma non è neppure tutta da buttare.

Laddove c’è conflitto, è premiato con la sopravvivenza (e quindi con la possibilità di procreare, che è l’obiettivo essenziale d'ogni razza vivente) solo l’essere che ne esce vittorioso.
Il debole, in natura, è tendenzialmente destinato a soccombere senza riprodursi, vale a dire senza tramandare le sue caratteristiche, dunque è “punito” dalla natura stessa, e, anziché essere aiutato dai suoi più forti consimili, sarà privato dei suoi beni ed isolato.
Questa legge spietata, se l'uomo la esercitasse, ci farebbe sprofondare all’età della pietra.

L’uomo, durante la sua evoluzione, si è convinto sempre di più che poteva aumentare le sue personali probabilità di sopravvivenza sfruttando la maggior forza derivante dalla collaborazione con altri esseri simili a lui, oltreché con l’uso di adeguati utensili.
Possiamo facilmente immaginare le difficoltà incontrate da un cacciatore solitario nella preistoria. Era senz'altro difficile inseguire la preda da solo, difficile colpirla per catturarla e difficile anche trascinarla nella propria grotta, evitando le minacce degli altri uomini o animali.

E’ ovvio che, da animale dotato d’intelligenza qual è, l’uomo abbia ben presto capito che insieme con altri cacciatori le probabilità di successo sarebbero aumentate parecchio e così pure l’entità delle prede o del raccolto.
Avrà anche notato che altri animali, cacciando in gruppo, riuscivano a procurarsi più facilmente cibo di quanto riuscisse a fare lui da solo.

Una volta imparata la tecnica di cacciare in collaborazione con altri uomini, la tentazione di non spartire il bottino con gli altri, (garantendosi così maggior cibo e pelli per sé e la sua famiglia), deve essere stata molto forte.

Solamente “L’interesse e la paura sono i principi della società” dice Hobbes.

E Rousseau ribadisce che “Ciò che l’uomo perde con il contratto sociale è la sua libertà naturale; il diritto illimitato su tutto ciò di cui tenta e riesce ad impadronirsi", mentre “Ciò che guadagna è la libertà civile e la proprietà di tutto ciò che possiede”.
Problemi analoghi, ovvero necessità di compromesso tra il vantaggio dell’unione per essere più forti e lo svantaggio della spartizione dei beni acquisiti e rispetto delle proprietà altrui, l’uomo deve averli incontrati anche in tutte le epoche in cui s’è prevalentemente dedicato all’agricoltura.

Anche in questo caso la comunione di diritti sul raccolto implicava in ogni caso una comunione di doveri, senz’altro non altrettanto bene accetti, come sempre.
Naturalmente queste considerazioni vanno viste come “tendenze comportamentali” (o “tentazioni”, se vogliamo), generalizzando un comportamento che, come sempre, non si può categoricamente affibbiare a qualsiasi individuo.

Ci sono, e ci sono sempre stati, infatti, moltissimi uomini ai quali non si potrebbe certo attribuire nè ambizione nè prepotenza e tantomeno aggressività e questo può dipendere dal loro innato carattere umile e pauroso, così come va riconosciuto che ci sono uomini profondamente consapevoli dei propri istinti, ma capaci di dominarli completamente, e che sanno convivere in modo civile e pacifico con tutti gli altri, senza per questo essere considerati paurosi, deboli o ignoranti.

Direi, anzi, che la capacità di convivere pacificamente è il più nobile (e difficile!) traguardo cui aspirare e che offre, come compenso, anche un'incomparabile serenità.
Vorrei però insistere sul fatto che, il più delle volte, non c’è segno d’aggressività solamente laddove non se ne presenti la tentazione di prevaricare gli altri.

Lo stesso individuo che in un determinato contesto sociale, ambientale e culturale, si comporta con elevato “senso civile”, posto in condizioni particolarmente avverse, come, ad esempio, l’insorgere di una guerra, la minaccia di una grave carestia, la soppressione delle libertà da lui già acquisite, la costrizione a vivere in uno spazio molto limitato, la scoperta di un tradimento, la sottomissione ad un ricatto, ecc., può trasformarsi in un essere improvvisamente aggressivo e pericoloso, pronto a compiere qualsiasi genere d’azione.

Abbiamo moltissimi esempi anche in natura di questo improvviso processo di trasformazione.

Il topo è tendenzialmente pauroso e diffidente e quindi, se appena può, di fronte ad una minaccia cerca di scappare, ma se è bloccato in un vicolo cieco e si rende conto che non ha scampo, diventa aggressivo e può anche cercare di contrattaccare e mordere.
Come il topo, ci sono tantissimi altri animali che seguono lo stesso comportamento.

Ci sono, poi, razze di pesci che curano la loro prole con infinito amore, ma che se sono poste in un territorio troppo ristretto, come un piccolo acquario sovraffollato, sono capaci di divorare i propri piccoli, pur di mantenere le condizioni di sopravvivenza del gruppo adulto.
Anche le capre, che di solito convivono pacificamente, all’arrivo di un nuovo esemplare si coalizzano e lo prendono a cornate cercando di scacciarlo dal loro territorio.

Ci sono cani che fuori del loro ambiente gironzolano con la massima indifferenza e che, come sono rimessi nel recinto, si scatenano come belve su chiunque cerchi d’avvicinarsi.
Quanti tragici casi di sottovalutazione dell’aggressività, molto spesso latente, sono balzati sulla cronaca negli ultimi anni!
Ci sono cani, che non hanno mai creato alcun problema ai loro proprietari, che di punto in bianco sbranano un bambino!

Le ragioni di questo cambiamento sono spesso molto difficili da ricostruire, anche se si potrebbe spesso scartare l’ipotesi di un attimo di follia, perché è invece assai più probabile che scattino delle reazioni istintive o perché l’animale si trova ad affrontare una nuova situazione che lo vede impreparato o perchè supera la sua capacità di tenere inibito l’istinto, come ha cercato d’insegnargli l’uomo.
Molto spesso i problemi di questo tipo nascono da un cattivo addestramento del cane, ed è anche per questo motivo che sostengo che gli animali non dovrebbero mai essere addestrati, ma andrebbero semplicemente accettati come sono.

Chiarito che l’aggressività può essere presente anche in individui (e animali) che non la manifestano frequentemente, possiamo affermare che il compromesso tra il bisogno di socializzare (più che la vocazione) ed il desiderio di possedere qualsiasi cosa utile a noi stessi, è sempre stato un equilibrio precario e forse sempre lo sarà, perché l’uomo tende ad accumulare infiniti diritti, senza cedere ad alcun dovere verso gli altri e per bloccare questa tendenza deve anche lui tenere inibita la sua potenziale aggressività.
Non ci sono leggi, governi, religioni, polizie di stato che possono in assoluto evitare il continuo ricorso alla violenza per perseguire l’inarrestabile desiderio di ricchezza manifestato da molte persone.

Ma perché, nell’uomo, è così prepotente il bisogno di possedere?
Perché il possesso, sia di un territorio, che di un’arma, di cibo come d'indumenti, d'animali o anche d'altri uomini, di una capanna, di figli, nonché d'idee, ecc., rappresenta una garanzia contro la propria vulnerabilità e mortalità; una “assicurazione sulla vita”, dunque. Sembra molto più rassicurante “avere” piuttosto che “essere”, direbbe Fromm.
Possedere significa indiscutibilmente “essere forti” e poter difendere da qualsiasi minaccia la propria vita. Negli animali questo principio è quasi sempre racchiuso esclusivamente nella loro forza fisica e adattabilità all’ambiente, perché non hanno la capacità di crearsi altre risorse, naturali o artificiali, come ha così bene imparato a fare l’uomo.

La storia del genere umano è tutta uguale; sembra un semplice monotono elenco di brutalità, omicidi, usurpazioni, furti e prepotenze di ogni genere, perpetrato dal singolo o da una collettività, ma sempre per il raggiungimento di un unico scopo: la conquista di qualcosa che non appartiene in partenza.
Ma se, perciò, in chiave di lettura naturalistica, questo principio di comportamento gioca a favore della razza umana, (visto che chi è più forte meglio la protegge), perché, allora, ci siamo sempre dati delle leggi che condannano e puniscono l’aggressività e incoraggiano la difesa del più debole?

Non è, questo, un concetto che va contro natura?
Se noi esaminassimo per un attimo la situazione di una razza vivente qualsiasi (che non sia l’uomo) in modo esclusivamente utilitaristico, saremmo sicuramente portati ad apprezzare di più quella razza che meglio di qualsiasi altra sappia esercitare il suddetto principio di forza.
Ma dobbiamo tenere conto del fatto che l’uomo “sa” che la sua capacità di sviluppare forza aggressiva non basta a difenderlo contro ogni pericolo e anzi potrebbe diventare talmente devastante da minacciare la sua stessa sopravvivenza come razza.

Non lo sa solamente da quando ha messo in atto ordigni capaci di distruggere tutta la Terra; lo sa da quando ha capito, consciamente o inconsciamente, che è comunque vulnerabile. C’è una debolezza che egli non è mai riuscito a sconfiggere ed una proprietà che non è in grado di difendere ad oltranza: la sua vita.
Lo sa da quando ha scoperto che anche il più forte degli esseri umani può cadere in un istante. Lo sa da quando ha conosciuto l’effetto disarmante delle malattie, contro le quali è ancora oggi così inerme. Lo sa da quando ha riconosciuto il caso e la fatalità, contro cui non ha scampo.

E proprio più s’è reso conto della sua debolezza infinita nei confronti della natura, più si è ribellato ad essa, cercando di comprenderla per controllarla e sgominarla... e più ne è stato invece ancora una volta sconfitto!
Ed ecco l’aggrapparsi a sogni e speranze di altri mondi oltre la vita; la ricerca affannosa, patetica e disperata della propria immortalità, anche attraverso infinite forme di superstizione e di religione.

Lo stesso timore di ritrovarsi debole da un minuto all’altro e di poter aver bisogno d’aiuto, questo incubo, lo ha sempre costretto, e continua a costringerlo, a scendere all’eterno compromesso sociale: tendere istintivamente ed egoisticamente a rinforzare sé stesso, ma creare anche leggi che proteggano i deboli, perché oggi debole può essere qualcun altro, ma prima o poi può essere lui stesso.
Purtroppo è inesorabilmente perdente su questo fronte e perciò non sarebbe questa la battaglia da compiere.
La conoscenza della sua vulnerabilità, che nasce dal pensiero concettuale e dal linguaggio verbale, lo ha privato della sicurezza che gli veniva offerta dall’istinto ed ha innescato la spirale del progresso tecnologico e scientifico, ma non gli ha ancora fornito un nuovo adattamento altrettanto efficace a queste conoscenze, né tanto meno la capacità d’usare con saggezza i nuovi strumenti da lui creati.

Lo spirito competitivo degli individui, che si è poi innestato nelle società industriali e commerciali moderne, nonché i modelli imposti dal più recente consumismo, stanno producendo altri effetti disastrosi: l’uomo contemporaneo soffre facilmente di pressione alta, atrofie renali, ulcere gastriche, depressioni e persistenti nevrosi, oltre a tutti i mali di sempre.
L’eccessivo ritmo dei suoi impegni lo ha distolto dal ragionamento disinteressato e non utilitaristico e gli sta soffocando la capacità di apprezzare quello che ha già conquistato e l’aspirazione a migliorare qualitativamente piuttosto che quantitativamente.
L’uomo moderno tende sempre più a costruire per il domani anziché a vivere serenamente l’oggi, e quest’ansia lo corrode fino a togliergli il gusto per qualsiasi cosa.


Roberto

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view post Posted: 13/10/2014, 18:29     Intolleranza -

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Tipi d'intolleranza

Prima di tutto penso che si dovrebbe fare una distinzione fra due tipi di intolleranze: quella individuale e quella sociale. Quella individuale si manifesta in piccole azioni circoscritte, mentre quella sociale può evolversi verso forme organizzate di ribellione, fino a condurre a vere e proprie guerre.

Da cosa deriva?

Qualunque sia la forma d'intolleranza, però, partiamo dal presupposto che l'uomo è sempre stato insofferente nei confronti di tutto ciò che non armonizzava col suo modello individuale e/o sociale e coi suoi egoistici interessi personali perché l'intolleranza affiora direttamente dal suo istinto egoistico-protettivo.

Definizione generica

In linea di massima definirei l'intolleranza come: "quella reazione che si scatena nel singolo individuo (o in un gruppo di individui), quale conseguenza dell'incapacità d'accettare gli altri con le loro più o meno inevitabili interferenze, pretese o differenze, di qualsiasi tipo esse siano".

Intolleranze sociali

Studiando la storia e la filosofia, conosciamo le vicende di Giordano Bruno, messo al rogo per le sue idee troppo avanzate rispetto ai tempi, di Galileo Galilei e della sua famosa abiura, conosciamo la turpe e secolare opera dell'Inquisizione, gli eretici perseguitati e trucidati, la caccia alle streghe, le teste mozzate durante la Rivoluzione francese, i campi di sterminio nazisti, i gulag sovietici. Una lunga serie di orrori e di violenze che ha costellato il cammino della storia.

Ma stiamo attenti a non confondere l'intolleranza con l'ambizione e la prepotenza. L'intolleranza è la reazione di un soggetto passivo in risposta ad un torto subìto, mentre l'ambizione e la prepotenza sono comportamenti originali attivi. Voglio dire: l'intollerante lo è solamente quando viene lesa la sua immaginaria sfera di libertà, mentre l'ambizioso e il prepotente sono loro ad attaccare per primi, senza necessariamente che siano stati provocati.

Inutile citare altri casi d'intolleranza razziale, religiosa, politica, sportiva, ecc. ecc. che conosciamo tutti.
Comunque la gamma delle intolleranze è ampissima e dobbiamo anche evitare di generalizzarle troppo.

Intolleranze utili o giustificate

L'intolleranza si può sicuramente considerare un male, un difetto comportamentale (asociale), ma ci possono anche essere casi di "intolleranza utile o giustificata". Un genitore, per esempio, deve essere (per principio) tollerante coi propri figli, ma in certe situazioni, per l'educazione degli stessi, è indispensabile che si irrigidisca e li pieghi al suo volere.

Così come l'intolleranza può essere giustificata come reazione ad un atto di mancanza di rispetto da parte di altri nei nostri confronti. Se viene leso un nostro diritto è giusto reagire pretendendo il rispetto. In questo caso il fatto di non accettare una violazione dei nostri diritti è più che giustificato. Tutto sta a reagire in modo educato ed equilibrato ovviamente...e questo non avviene sempre, anzi!

Intolleranze in aumento?

Nella nostra società occidentale ed in particolare per quanto ci è dato d'osservare nel nostro paese, temo che l'intolleranza stia diventando un problema sempre più grave.
Sul piano sociale, per il recente fenomeno dell'immigrazione, verso la quale non eravamo preparati e che sicuramente abbiamo gestito in modo superficiale e inadeguato.

Mentre sul piano individuale, invece, notiamo che la gente tende a chiudersi in una sfera di rapporti sempre più ristretta. Ciò potrebbe derivare dallo stile di vita: appartamento, auto, lavoro. Tutte condizioni in cui si opera in ambienti molto ristretti e chiusi, diciamo iper-protettivi.
Lo stesso nucleo familiare che in passato abbracciava tutta la famiglia con le sue varie generazioni, (zie, nonni, cugini e via dicendo), oggi si riduce alla sola coppia con eventuali figli o addirittura al singolo individuo che vive da solo.

Fuori da questi ambienti i rapporti sociali si fanno più difficili, perché non ci sentiamo mai e in nessun luogo "a nostro agio" e questo ci porta a sviluppare sempre di più comportamenti di sospetto e autodifesa verso questa società sempre più eterogenea e sempre meno comprensibile.

Il bisogno di identificarsi

L'uomo ha per istinto il bisogno di sentirsi attorniato da persone a lui simili e con le stesse tendenze, cioè di identificarsi costantemente con il proprio gruppo sociale d'appartenenza (il vessillo, la contrada, la squadra, il dialetto, la fede, ecc.) , ma nella nostra società di oggi predominano, invece, piccole e grandi differenze tra gli individui che la compongono e i gruppi sociali, salvo casi particolari, non sono più così evidenti e disponibili. Infatti ci sono differenze riscontrabili nei caratteri somatici, negli idiomi, nei vestiti, nelle religioni, nelle usanze, nei gusti e negli stili di vita.

In passato queste differenze erano distanti dalla nostra sfera d'azione, ma oggi invece sono rappresentate dal nostro vicino di casa, dal nostro compagno di lavoro, dalla gente che incontriamo in metropolitana o nei negozi.
A causa di questa moltitudine di modelli che ci circondano le intolleranze si possono facilmente manifestare fino alle forme più gravi di r

Ma anche nelle persone più accomodanti possiamo notare un'infinità di comportamenti che sono il sintomo di un disagio crescente verso gli altri. In molte situazioni la causa non è neppure da ricercare nelle differenze razziali. Si può essere intolleranti anche all'interno del proprio gruppo con il quale ci identifichiamo!
Pensiamo alle famigerate assemblee condominiali, ove si scatenano a volte liti furibonde per delle banalità di problemi, che con un briciolo di comprensione reciproca sarebbero facilmente risolvibi.

Pensiamo al fastidio di quando il nostro vicino fa una festa, interferendo così con le nostre scelte di riposare.
Credo siano sempre più rari i casi di buon vicinato. Oggi c'è da discutere o litigare su tutto. Se il vicino taglia la sua siepe ci disturba, primo perché fa rumore e puzza, poi perché cadono alcuni rametti nel "nostro" giardino e poi magari perché noi la siepe la preferivamo bella alta, così non dovevamo neppure vederli e salutarli, i nostri cari vicini.
E non ci importa nulla se una settimana dopo siamo noi a tagliare la "nostra" siepe, facendo esattamente le stesse cose! Questo è un "nostro" diritto mentre il vicino ha il suo "dovere" di starsene zitto e buono.

Tutti i rapporti sociali si basano su una semplicissima formula fondamentale: svolgere il proprio dovere per poter esercitare i propri diritti, nel rispetto dei diritti e dei doveri degli altri. E' molto semplice il principio, ma ciascuno di noi, in più o meno larga misura, è capace di imputarlo solamente agli altri.

Effetti della globalizzazione

La nostra società ci spinge verso l'integrazione totale.
Ma chi può realmente sostenere che ciò alla lunga produca solamente effetti positivi?
Torno a ripetere: quanto è importante per l'uomo sentirsi attorniato da gente come lui? Che parla la stessa lingua (o lo stesso dialetto), che cucina allo stesso modo, che prega o non prega per lo stesso dio, che tifa per la stessa squadra, che rispetta le stesse leggi e gli stessi usi e costumi, visto che spesso riesce ad essere intollerante persino coi suoi simili?

Noi pensiamo al passato ed a tutte le guerre tra fazioni diverse e così concludiamo che con la totale integrazione e la globalizzazione della società tutti i problemi si risolveranno.

Ma io mi domando se non è più vero il contrario. Cosa sarà un individuo spersonalizzato, sradicato dalle sue origini e tradizioni, un volto anonimo tra una folla di estranei, un individuo che possa solamente vantarsi di potere gustare lo stesso identico panino a New York come in Giappone. Ha senso? Non è una forma di appiattimento che può fare comodo solamente alle grandi potenze commerciali, oltre che ai poteri politici? Già perché una folla eterogenea, ma conformizzata in gusti, abitudini, regole e desideri è molto più facile da gestire e manipolare. Corriamo verso il "pensiero unico"? Tante razze, lingue, religioni e costumi diversi, accomunati da un unico grande, immenso desiderio: accumulare denaro per soddisfare infiniti desideri stimolati da spot televisivi? Sono tutti qui i nostri futuri ideali?
Certo, la nostra società resta la migliore che la storia ci abbia saputo offrire, ma io penso che si debba guardare molto avanti e cercare d'introdurre delle varianti al nostro stile di vita affinché il futuro dei nostri figli si presenti più solido e piacevole perchè meno vincolato alla formula del profitto e più aperto al miglioramento dei rapporti sociali.

Come combattere l'intolleranza?

E' chiaro che non si può "combatterla", altrimenti cadiamo in un paradosso, ma dobbiamo partire dall'educazione dei giovani ed inculcare loro il fondamentale principio che io chiamo del "D/D", ovvero Diritti contro Doveri. La moneta sonante la guadagniamo assolvendo ai nostri "doveri" verso la società ed in questo modo accumuliamo "diritti" da spendere. Questo dovrebbe valere in qualsiasi rapporto, per qualsiasi problema.

I giovani crescono spesso col falso concetto che sia loro tutto dovuto, ma è proprio questo che va sradicato. Devono imparare con il nostro insegnamento a dominare i propri istinti ed esercitare il suddetto principio del D/D. Ma il principio dei Diritti/Doveri non basta, è solo la partenza. Se una società presenta forti componenti di integrazione sarà sempre soggetta a forti reazioni d'intolleranza, quindi ci sono dei limiti fisiologici che non andrebbero superati, per non annullare quei bisogni di sentirsi a proprio agio che dicevo all'inizio. Un palazzo che ospiti famiglie di milanesi, con musulmani, cinesi, indiani, cubani, filippini, romeni, ecc. ecc. non sarà mai un buon esempio d'integrazione, sarà solo un minestrone di gente diversa che non ha (e non vuole spesso avere) nulla da spartire con gli altri. Una bomba sempre pronta ad esplodere.


Roberto

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view post Posted: 13/10/2014, 14:04     Sessualità -



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Sessualità

Il sesso nella storia

Per i religiosi il sesso dovrebbe essere utilizzato soltanto per continuare la specie.
Per i moralisti i rapporti sessuali dovrebbero essere solo tra persone sposate.
Nella società moderna il rapporto sessuale è considerato prima di tutto un'indiscutibile piacere.
Proprio a causa di questo piacere, però, il sesso, nel corso della storia umana, ha creato non pochi problemi!

E ancor oggi ne crea e di tutti i generi.

Probabilmente è proprio questo il motivo per cui il rapporto sessuale è stato utilizzato per spiegare l'allegoria del frutto proibito mangiato da Adamo ed Eva nel Giardino Terrestre.
Il sesso ha condizionato il costume di tutte le società umane. Talora represso in modo esasperato e talora consentito ed esercitato in modo libero e spregiudicato. Con flussi e riflussi anche nell'ambito delle stesse società, a seconda delle epoche.

Cos'è il sesso

Il sesso è legato a molte stimolazioni psicologiche e nervose, consce e inconsce e presenta (come tanti altri tratti umani) notevoli differenze di manifestazioni anche a livello individuale.
Ma, aldilà di tutte queste ovvie considerazioni, che tutti conosciamo benissimo, proviamo a mettere a fuoco in modo razionale cosa sia il sesso e la sessualità.


Verrebbe immediatamente da dire che il sesso è l'organo preposto alla riproduzione della specie. Lo è per tutte le specie viventi, animali e vegetali, anche se con un'infinità di strutture e modalità diverse.
Noi non sappiamo se in tutti gli esseri viventi l'esercizio sessuale produca "anche" un appagamento, un premio. A parte gli esseri umani, in alcune specie si nota nel comportamento qualcosa di molto simile al nostro piacere e all'orgasmo, ma non ne possiamo essere sempre sicuri ovviamente.

Il piacere sessuale è però altamente probabile in molte specie, così come lo è il nutrimento. Perché il nostro fisico e la nostra mente considerano altamente positive queste attività.

A cosa serve il sesso

Ciò premesso, la domanda fondamentale legata al sesso è alla fine questa: il sesso deve essere inteso solamente come strumento di riproduzione, come sostengono molte religioni?

Ripercorriamo l'evoluzione. Lo scopo più importante del sesso è sicuramente quello di generare prole e garantire il proseguimento della specie. Questo impegno generale ha pure un alto costo. Il maschio deve in molti casi dimostrare alla femmina corteggiata la sua superiorità rispetto ai rivali. Prestanza fisica, velocità, bellezza, furbizia, ecc. ecc. sono tutti elementi qualitativi che possono garantire la selezione naturale dei soggetti migliori per creare figli.

La procreazione

Ma anche le femmine più attraenti sono quelle che danno maggiori garanzie di saper procreare una prole sana e robusta.

Negli esseri umani l'ampio bacino e il seno prosperoso nelle donne sono elementi di privilegio nella scelta da parte degli uomini. In tutto questo c'è la consapevolezza della criticità della procreazione.
Il maschio può non essere idoneo a fecondare (facendo perdere il momento di fecondità alla femmina), oppure può non dare garanzie di sapere proteggere la femmina e la prole, o di non sapere procacciare cibo, o costruire un nido robusto, o difendere i piccoli dai nemici, ecc. ecc.

Così come la femmina può non essere una buona madre, può morire durante il parto, non avere latte sufficiente, non produrre figli sani, ecc. ecc.
Il corteggiamento è dunque una fase molto delicata e importante perché atta a fare le scelte migliori per la fecondazione e allevamento della prole...dunque per la continuità della specie. Il comandamento sembra essere: i migliori procreino!

Non saremmo qui neppure noi a scrivere e a leggere se tutte le nostre generazioni precedenti non avessero esercitato (o subìto) questi criteri selettivi e non avessero combattuto per la nostra nascita e sviluppo.
Siamo tutti figli di uomini e donne che sono stati i più belli, ambiziosi, prepotenti, sani, scaltri, svelti, furbi della storia.

Solo procreazione?

Chiarita l'importanza fondamentale di questo punto (l'obiettivo primario dell'atto sessuale rivolto alla procreazione e la selezione dei membri migliori), si pone di nuovo la domanda: ma l'uso del sesso è solo questo?

Restiamo al genere umano. Mi viene subito da pensare che se l'uso del sesso fosse solo questo non si spiegherebbe perché uomini e donne debbano essere sessualmente eccitabili in qualsiasi giorno e anno della loro vita adulta, per esempio anche quando la donna non sia nei suoi giorni fecondi o sia già in gravidanza. Cosa che non succede negli animali, le cui femmine sono refrattarie alle attenzioni del maschio quando non sono in calore o addette all'allevamento e svezzamento dei cuccioli.

Ma ancora di più mi fa riflettere il fatto che nella donna, anche dopo gli anni del periodo procreativo e sopraggiunta la menopausa, sia ancora presente il desiderio ed il piacere sessuale, così come mi fa pensare il fatto che anche nel maschio non si verifichi una scomparsa del desiderio sessuale, rimanendo abile alla fecondazione e interessato al rapporto (anche se magari in misura sempre più diradata) fino a tarda età.
Magari al desiderio può non corrispondere una idonea capacità sessuale, ma il desiderio rimane e, magari con l'aiuto dei farmaci, l'uomo può benissimo realizzare i suoi desideri in modo appagante come un giovane ventenne.

Il desiderio sessuale è dunque, in conclusione, indipendente dalle necessità procreative, non credo ci possano essere dubbi a proposito, lasciando perdere i condizionamenti religiosi, che non prendo in considerazione perché giustificabili solo attraverso la volontà di obbedire a comandi le cui ispirazioni divine sarebbero tutte da dimostrare.
Per i cattolici conta solamente l'elemento quantitativo e mai quello qualitativo della vita. Meglio dieci figli che muoiono di fame, di uno o due con forti speranze di vita. E' una scelta.

La libertà sessuale

Chiarito questo, avanza una seconda domanda imbarazzante: ma se siamo idonei ad esercitare l'attività sessuale prescindendo dal nobile scopo della procreazione, dobbiamo considerare valido anche il concetto di estrema libertà sessuale?
Qui s'innesta il principio morale della questione. E immediatamente emerge anche la particolare concezione dei sentimenti umani, che vanno ben oltre al semplice istintivo desiderio sessuale. La sessualità si nobilita e partecipa ad un sentimento di livello superiore.

Perché il moralista restringe alla coppia ufficiale (sposati o no che siano) il diritto al sesso?

La spiegazione mi sembra ovvia e accettabile. In molte epoche e popolazioni il rapporto sessuale non è stato condizionato all'amore sentimentale. La maggioranza delle coppie non si sceglieva neppure, ma veniva composta e imposta dai genitori. A volte i giovani si sposavano senza essersi neppure visti prima.
Ma nella società moderna ha preso sempre più piede l'aspetto sentimentale della coppia. Dal romanticismo ha preso vigore l'innamoramento e l'amore. Un sentimento esplosivo, che ha solo lontanamente a che fare con l'affetto, ma che è decisamente difficile da definire.

L'amore è un sentimento potentissimo, che trae origine dalla libertà di scelta e dalla reciprocità di scelta. Un nuovo aspetto selettivo. Il singolo individuo va alla ricerca del partner che risponda meglio al suo ideale.
Se lo trova se ne innamora e vuole vivere in coppia con lui e costruirci una famiglia.

In questo nuovo scenario è chiaro che la coppia fa un grosso coinvolgimento e investimento sul partner. Si aspetta molto da lui, in termini di contributo al benessere della famiglia ed all'intensità di rapporto. Si aspetta soprattutto fedeltà, perché il legame nato da una libera scelta è molto forte ed al tempo stesso fragilissimo e non ammette distrazioni o tradimenti.
Questa è la morale dell'amore. Chi ha la fortuna di vivere un grande amore sente che la vita di coppia è l'unica completamente appagante per l'essere umano. Senza un partner l'uomo è mezza mela. I sessi sono inequivocabilmente complementari tra loro.

Per questo motivo la sicurezza della fedeltà è fondamentale e sempre per questo semplice motivo non si può ammettere alcuna distrazione o debolezza sessuale, pena la fine dell'amore e dell'unione. Le manifestazioni sessuali sono avvolte da tenerezza e passione, con un'intensità non ottenibile nel rapporto occasionale.
L'esercizio del rapporto occasionale, anche quando si vive fuori dallo stato di coppia, è sempre insoddisfacente, proprio perché non accompagnato dall'attrazione estrema data proprio dall'amore.

Chi si abituasse al rapporto occasionale rischierebbe semplicemente di perdere di vista la nobiltà del rapporto di coppia e di non cercarlo più, conducendo una vita decisamente più squallida e limitata.


Roberto

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view post Posted: 13/10/2014, 13:34     Noia -


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Noia


Prima di tutto credo sia bene non confondere il senso di noia con la depressione, che è ben altro.

La noia è uno stato d'animo che prova un individuo che tendenzialmente vorrebbe essere attivo, ma che è posto in una condizione di "stallo emotivo". In altri termini, uno si annoia perché non può fare qualcosa di stimolante, mentre il depresso è immobilizzato dalla convinzione che non ci sia nulla di interessante da fare a questo mondo.

Ma perché l'uomo si annoia?

Anche molti animali si possono annoiare e spesso reagiscono alla noia, ovvero alla mancanza di stimoli, dormendo. Più un animale è dotato di intelligenza e curiosità e più è facile che provi il senso di noia, come noi esseri umani.

La noia è una sensazione di vuoto momentaneo, provocato dal fatto che la nostra mente è alla continua ricerca di stimoli. Più siamo allenati a tenere attiva la nostra mente, più la riempiamo di informazioni e desideri, più siamo propensi all'azione, alla progettazione del nostro presente e futuro, più siamo ricchi di idee, interessi, voglia di emergere o realizzarci e voglia di vivere in tutti i sensi, maggiori saranno le probabilità che una inedia momentanea ci faccia precipitare nel senso di noia, d'impotenza, di tempo perso, di vuoto.

Sono solo gli ignoranti e i pigri che non si annoiano mai, si potrebbe forse concludere.
Mentre non si annoiano di sicuro le persone che catturano gli infiniti stimoli che la vita e i nostri sensi ci possono procurare.
L'uomo è da sempre vittima potenziale della noia, sin dai tempi delle caverne.

I lunghi tempi di inedia diventavano insopportabili all'uomo dedito all'azione e ricco di curiosità.
Così, in una piovosa giornata d'autunno, anche in una caverna della preistoria ci si poteva annoiare a tal punto da iniziare a fare dei segni sulle pareti, per rievocare nostalgicamente l'ultima caccia, scaricare l'inedia obbligata, sublimandola in graffiti che divennero le prime espressioni dell'arte.

La noia è un sentimento importantissimo per l'umanità. E' per battere la noia che l'uomo ha iniziato a fantasticare con la mente, ad uscire dal proprio guscio di puro istinto. Così, stimolato proprio dallo sgradevole senso di noia, s'è spinto verso i pensieri astratti, rievocando mentalmente le proprie esperienze, analizzando il mondo che lo circondava, costruendo utensili o monili, pitturandosi il corpo, progettando nuove armi, seguendo quei magnifici processi d'analisi e di sintesi, che lo contraddistinguono dagli animali inferiori.

La noia è anche molto legata alla sensazione dello scorrere del tempo.
Pensate, tanto per fare un banale esempio, quanto è lunga per noi l'attesa di un paio di minuti davanti ad un semaforo rosso, rispetto alla durata di un film avvincente. La noia ferma il tempo soggettivo e questa condizione, (se non siamo stati addestrati a sviluppare la capacità della pura contemplazione, cioè della vita spirituale), provoca, al nostro corpo ed alla nostra mente, un profondo disagio e insofferenza.

Come si vince la Noia?

A volte vincere la noia dipende esclusivamente da noi, basta inventarsi una cosa qualsiasi per saltarne fuori.
Altre volte, invece, la dobbiamo subire in modo passivo e non abbiamo alcun elemento per combatterla.
Pensiamo alla noia di una reclusione in carcere: da soli, in una cella di due metri per due, senza nessuno con cui parlare, senza libri, senza una finestra. Solo noi e quattro pareti bianche. Come vincere la noia in queste condizioni estreme? Bisogna ricorrere al pensiero spirituale, essere capaci di ragionare a lungo, rievocando fatti e sensazioni lontane. Non è facile e raramente può durare a lungo, per cui nel giro di breve tempo, non potendo trasformare in azione nessuno dei nostri pensieri, saremmo nuovamente in preda alla noia.

Si possono annoiare i giovani, per carenza di idee e di stimoli e si possono annoiare gli anziani, ai quali tutto può sembrare un film già visto. In realtà la vita offre a qualsiasi età un numero enorme di stimoli e di occasioni d'interesse. Sta solo a noi saperli cogliere per superare brillantemente i brevi o lunghi periodi in cui siamo costretti a lasciar scorrere il tempo inutilmente.

Anche i momenti più stupidi di noia li possiamo combattere con piccoli accorgimenti. Siamo in una lunga fila all'ufficio postale? Bene, proviamo a trasformare una tediosa attesa spingendo la nostra osservazione sulle varie persone che ci circondano. Esaminiamole e cerchiamo d'immaginare la loro vita, il mestiere che fanno, quali problemi potrebbero avere, e via dicendo.

Osserviamo come si vestono e come si muovono. Scoviamone eventuali lati comici. Se ci sono degli stranieri cerchiamo di capire da quale parte del mondo possono provenire, ecc. ecc. Così come in una cella possiamo cercare di costruirci un nostro romanzo, magari raccontando ad alta voce la trama man mano che la inventiamo, così da tenerci compagnia almeno con la nostra voce e fissare meglio il ricordo dei vari eventi che ci siamo costruiti.

Ognuno di noi può inventarsi un modo per combattere la noia e già la ricerca di un espediente è un buon passatempo! Ci sono infiniti hobby che possono stimolare il nostro interesse e distrarci dalla noia. Ci sono gli sport, sia come spettatori che come soggetti attivi. Ci sono le passeggiate. Camminare fa bene alla salute e distrae la mente, costretta a valutare un sacco di cose mentre ci si sposta.

Ciò che sicuramente non combatte la noia sono solamente l'alcool e le droghe. Quegli espedienti ci fanno semplicemente fuggire (a caro prezzo!) dalla realtà, che invece, con un briciolo d'attenzione, può essere interessante, qualsiasi sia l'ambiente e la situazione in cui ci troviamo.

Per allontanare la noia può bastare osservare una formica.


Roberto


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